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Tradizione ed innovazione sono le due facce della stessa medaglia.

 

Entrambe concorrono ad appagare l’innato senso per il gusto che ognuno di noi cela nella propria intimità.

 

La fotografia nasce con questo stesso intento, cioè di permettere ad ogni persona di soddisfare il proprio innato senso artistico, le proprie necessità di bellezza e di documentare, di raccontare, di dare vita al proprio mondo interiore attraverso il linguaggio visivo. Oggi più che mai i social testimoniano questa smania di raccontare e raccontarsi, poi magari qualcuno esagera!

 

Negli ultimi anni abbiamo assistito all’evolversi delle tecniche di acquisizione dell’immagine e come in tutte le arti nel momento in cui vi è una realtà che di fatto, soppianta la precedente, si assiste alla svalutazione delle tecniche innovative da parte di chi non riesce ad abbracciarne le opportunità.

 

Sicuramente negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad una radicale cambiamento del linguaggio fotografico, dalla riduzione drastica della stampa nei formati piccoli a favore di poche stampe di qualità sempre più alta. Qualcosa sta cambiando negli ultimi anni anche grazie alla dichiarazione del Dottor Vinton “Vint” Cerf, uno dei "padri di internet", oggi vicepresidente di Google che lancia l'allarme: "Dietro di noi un deserto digitale, un altro Medioevo. Se tenete a una foto, stampatela"(copyright Giulia Belardelli L'Huffington Post).

 

Tutti questi cambiamenti a volte hanno polverizzato tanti posti di lavoro, e su questo sarebbe interessante aprire una discussione seria con i legislatori. 

 

La fotografia chimica ha indubbiamente rappresentato la Storia della Fotografia, nella quale si lascia uno spazio immenso alla ricerca della perfezione formale, fatta di tecnica e stile, nella quale vengono esaltate le caratteristiche del fotografo come tecnico ed interprete della realtà che circonda tutti noi, e negli ultimi 2-3 anni sta vivendo una microscopica rivoluzione perché tanti iniziando con le macchine digitali provano a cimentarsi con questa vera e propria arte. Certamente la sponda delle aziende è arida nel recepire tali istanze. 

 

Penso che tutte le persone, i fotografi nella fattispecie, gli artisti più in senso lato, percepiscano con una sensibilità ed un intensità forte la quotidianità,  e decidono di offrirci una visione intima e personale che può essere condivisa o no, ma che rappresenta comunque un arricchimento del proprio bagaglio culturale.

 

La fotografia digitale, ha ormai da un po’ superato e subissato la qualità della fotografia chimica, offre la possibilità a professionisti del settore ed amatori di soddisfare un bisogno di espressione che prima non trovava i suoi adeguati strumenti, fatto di colore, giochi, impatti visivi difficili da ottenere con una macchina analogica, ma a portata di mano con le tecniche digitali. Senza dimenticare l’enorme versatilità di gestione dell’immagine, la possibilità di comunicare. Quindi nel lavoro quotidiano a volte mi domando come mai qualcuno ti chieda ancora di una vecchia ottica anni 80 per…. Perdere definizione…. Ops! 

 

Inevitabilmente si è velocizzato in maniera enorme il tempo necessario per diventare un buon utilizzatore degli strumenti digitali, non possiamo più parlare solo di macchine, di conseguenza, almeno a prima vista, si è assottigliato il confine tra fotografia dilettantistica e professionale.

 

Chi vuole lavorare e vivere di fotografia è quindi chiamato ad una competizione che per decenni non è appartenuta a questo mondo, anche qui, almeno ad una analisi superficiale.

 

Mi auguro che tale riflessione abbia sollevato qualche legittimo dubbio e la condivido e condividerò volentieri con tutti coloro che nutrono la stessa passione!

 

 

Luca De Bernardis